La fierezza non si compra. È questo il sentimento che ho provato durante questo reportage di guerra, a stretto contatto con il popolo Karen. Un popolo che da 70 anni combatte la guerra di indipendenza più lunga al mondo. Un conflitto contro un oppressore, cioè la giunta militare birmana, che vorrebbe cancellarli dalle cartine.
I Karen sono un popolo originario del Tibet e della Mongolia che da 2700 anni, per primi, abitano queste foreste e questi altipiani. Sono nativi. Questo è un termine importante perché spiega l’attaccamento quasi viscerale che questa piccola etnia trasmette e porta con sé in tutto quello che fa.
Un attaccamento alle tradizioni, anche religiose, un attaccamento alla terra. Un attaccamento a questo cerchio della vita che si consuma lentamente sotto il sole cocente di questo pezzo di suolo che rivendicano con orgoglio.
Lo rivendicano da chi vorrebbe cacciarli e annullarli perché lo stato Karen si trova in un territorio particolare: ricco di risorse naturali, che fanno molto gola alle multinazionali e a potenze vicine come la Cina, di legno pregiato e adagiato in quello che è il triangolo d’oro dell’oppio e delle meta anfetamine.
Ma i Karen sono profondamente contrari dal traffico illegale di droga ed è anche per questo che sono, tra tutte le etnie della Birmania, la più oppressa.
Con questi scatti ho cercato di raccontare questo popolo fiero che non si piega al traffico di droga e allo sfruttamento del territorio. Un popolo che resiste in nome della libertà.